Foto di scena ©Pierfranco Ravaglia

Ella – Marco Sgrosso

Approda al Teatro Argot un piccolo vascello fantasma, una zattera alla deriva, dalle assi sporche e scricchiolanti, sciabordante di dolore, follia e riscatto. In uno sgangherato viaggio-confessione il regista e interprete Marco Sgrosso ci traghetta nel passato burrascoso di Ella, un’anima semplice solcata da una perenne scia di violenze e soprusi che ne hanno frammentato l’identità, sparpagliandone i fragili resti tra le pieghe nascoste di una mente violata.

Attraverso un inarrestabile flusso verbale il ritratto del personaggio comincia a prendere forma, ma una forma grottesca, bicefala, schizofrenica: chi è il vero timoniere di questa barca? Ella o Josef? Una madre pazza o un figlio perduto? Man mano le voci prendono ad affollarsi, a sovrapporsi, a divorarsi finché questa fragile creatura non riesce più a contenerle tutte e prorompe in un grido fragoroso: “Nie mehr! Mai cchiú!”.

E così questo essere tormentato comincia a spogliarsi di tutte le maschere che per anni ed anni ne hanno soffocato lo spirito, e con grandissima dignità questo misero angelo da pollaio appende le sue nobili ali da gallina sull’albero spezzato della zattera, sopra una scritta che recita: ende, la fine; la sua non sarà una nuova evasione verso l’altrove, ma l’ultimo naufragio per l’aldilà.

La compagnia Le Belle Bandiere decide di pasticciare il dramma di Achternbusch mescolando acutamente l’originale lingua tedesca – severa, categorica, quasi punitiva – a un piú umile e vivace dialetto campano che con le sue “sporcature” arricchisce il personaggio di grande umanità. A completarne il ritratto frammentato le luci strabiche di Loredana Oddone e i canti xöömej di Sajncho Namčylak che scena dopo scena richiamano l’attenzione sulla pulsante botola centrale: maelström esistenziale, metafora di un viaggio che si concluderà in un poetico e malinconico ritorno al violato ventre materno.

Dominio Pubblico, Teatro Argot Studio, Roma 15 dicembre 2013

 

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