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Night Moves – Kelly Reichardt

A tre anni dal western Meek’s Cutoff il concorso veneziano accoglie nuovamente Kelly Reichardt, regista indipendente americana giunta al quinto lungometraggio. Nel cast giovani star emergenti come Jesse Eisenberg (The Social Network) e Dakota Fanning (La guerra dei mondi, Twilight), che hanno accompagnato la regista al Lido, e Peter Sarsgaard (An Education). I tre formano un gruppo di ambientalisti che decide, come atto dimostrativo, di far saltare una diga che dà elettricità ad industrie che stanno contaminando l’ecosistema di una lussureggiante zona dell’Oregon. Quando non tutto va secondo i loro piani dovranno affrontare i sensi di colpa e le responsabilità della loro scelta radicale.

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Il film risulta estremamente deludente e non riuscito per numerosi motivi. Si può, per esempio, a monte, segnalare una sceneggiatura poco coesa, che buca qualche passaggio fondamentale soprattutto nella seconda parte e che sballa completamente la caratterizzazione dei personaggi. I due giovanissimi protagonisti (essendo il più anziano Joss di Sarsgaard meno problematico e importante solo nella prima parte) appaiono non solo velleitari, il che trattandosi di persone pronte a un simile atto in nome di un’idea assoluta sarebbe anche normale, ma piatti; e questo in un film che vuole non tanto indagare le ragioni di un gesto quanto sviscerarne psicologicamente le conseguenze non è ammissibile. Le interpretazioni degli attori vanno quindi di pari passo, con Eisenberg accettabile in un ruolo silenzioso e di basso profilo che è nelle sue corde ma impermeabile a qualsiasi possibilità di empatia (e quindi di comprensione) da parte del pubblico mentre Dakota Fanning, acclamata come fenomeno della recitazione fin dall’infanzia, risulta fastidiosa come solo una ragazzina che scimmiotta Meryl Streep può essere.

La regia della Reichardt, che azzecca va detto almeno la scena notturna in cui viene piazzata la bomba, aderisce a un tipo di linguaggio definibile ormai come “indie americano da Sundance” volutamente e programmaticamente ricercato, fatto di silenzi, di ricerca dell’inquadratura e della sequenza evocativa fine a se stessa. Ormai stiamo assistendo a una transizione, che nella musica è già avvenuta da anni, per cui l’aggettivo “indie” dal definire una prassi produttiva passa a caratterizzare un vero e proprio genere cinematografico, di cui Night Moves non sarà ricordato tra gli episodi migliori. Questo cinema è esattamente inscrivibile in quella categoria che Eco definiva midcult:

«1) prende a prestito procedimenti dell’avanguardia e li adatta per confezionare un messaggio comprensibile e godibile da tutti; 2) impiega questi procedimenti quando sono già noti, divulgati, frusti, consumati; 3) costruisce il messaggio come provocazione di effetti; 4) lo vende come Arte; 5) pacifica il proprio consumatore convincendolo di aver realizzato un incontro con la cultura, in modo che esso non si ponga altre inquietudini».

(Umberto Eco, Apocalittici e integrati, 1964)

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