Liars @ Officine Grandi Riparazioni, Torino – 29/5/2013
I Liars, dopo avere fatto tappa al Primavera Sound, sono stati ospiti per tre date in Italia: il 27 al Circolo degli Artisti di Roma, il 28 all’Interzona di Verona e dulcis in fundo il 29 alle OGR di Torino per il Festival Architettura in Città in collaborazione con l’Associazione Musica 90. In una delle tante serate gelide e piovose che hanno caratterizzato quest’insolito maggio che si è appena concluso, la band newyorkese è sbarcata nella suggestiva cornice delle Officine Grandi Riparazioni, un ampio spazio nel cuore di Torino ricavato dall’eredità post-industriale del dominio sabaudo.
In questi immensi capannoni dove una volta lavoravano centinaia di operai, lasciati poi in disuso per decenni e tornati a vivere nel 2011 in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, l’atmosfera ad accoglierli è perfetta, un po’ simile a quella di un rave party: una quasi totale oscurità spezzata solo dall’allestimento luminoso in fondo al palco che è il loro logo, un marchio di fabbrica, la Elle tridimensionale. La capienza delle OGR potrebbe permettere di contenere migliaia di persone, ma il clima è intimo, non saremo neanche in duecento, una piccola nicchia di over twenty che si guardano intorno e aspettano un po’ imbarazzati la comparsa del trio. C’è un odore che non so descrivere, non è quello dei locali paillettati della movida, è l’usura del tempo, l’umidità, il sudore dei ricordi a inebriare l’aria.
Alle dieci e mezza tra il pulviscolo illuminato dalle luci al neon compaiono finalmente i Liars che si sistemano e cominciano a suonare senza troppi preamboli. Angus Andrew saluta il pubblico lanciandosi più che sull’italiano su un bel piatto di pasta vista la ciambella intorno al girovita. Gli sguardi sono inizialmente tutti rivolti verso di lui che è il frontman della band, non per la panza, ma per le movenze ballerine alla Thom Yorke e quel look un po’ emo, ciuffo sulla faccia (che terrà fino a metà concerto) e felpa con cappuccio in testa. Alla sua destra il batterista Julian Gross con il suo capellone anni ’70 e una faccia serissima, quasi inespressiva come quella di un automa e alla sua sinistra immaginate un incrocio tra Cadio dei Dari e La Roux e avrete Aaron Hemphill, chitarrista del gruppo e addetto ai synth.
Dettagli trash a parte, che nonostante tutto li caratterizzano, i Liars sono una di quelle band con un impatto live decisamente superiore alle aspettative. I brani di WIXIW acquisiscono un’altra forma, subiscono un cambiamento radicale diventando più tondeggianti e meno spigolosi. Eseguono di fila tutte le tracce dell’ultimo disco e lasciano per il finale i vecchi pezzi, passano senza interruzioni dalla calcarea Octagon all’onirica No.1 Against the Rush fino ad arrivare alla psichedelica Brats, seguendo una scaletta meticolosa che porta sopra e sotto il palco tanta adrenalina ed energia. Il pubblico, però, rimane un po’ assopito, alcuni tentano di emulare le danze scoordinate di Andrew, altri chiudono gli occhi e si lasciano ondeggiare dalla musica, complice l’acustica delle Officine che è molto sopra la media.
In un’ora o poco più lo spettacolo è finito, ci concedono un bis controvoglia, Andrew si scopre il volto solcato dalle rughe, sorseggia una birra e fuma una sigaretta, ma non smette di ringraziare. Sono rapporti di formalità quelli tra i torinesi e questi newyorkesi trapiantati a Berlino, ma va bene così, nessuno si offende. Usciti dalle OGR nessuno è rimasto deluso, i commenti di chi li segue da tempo sono gli stessi di chi li ha sentiti per la prima volta, sono sicuramente una delle formazioni meno inflazionate degli ultimi anni, rabbia e compostezza si alternano, lo show asciutto piace ed amplifica le emozioni nascoste.