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Paper Street intervista Marta Sui Tubi (Giovanni Gulino, voce)

Noi di Paper Street vi sorprenderemo perché abbiamo dirottato le nostre energie al di là del megapalco di piazza San Giovanni, un po’ per scelta ed un po’ per costrizione, prediligendo il pre-party al party del lavoro. E nel tedio di una piangente ed umidiccia Teramo, dove ogni anno si consuma l’Aspettando Il Primo Maggio, abbiamo intervistato i tre gruppi chiamati a suonare, cantare ed allietare la folla dei non-lavoratori.

Ciao! Con i Marta Sui Tubi siete ormai in auge da più di dieci anni ed in questa decade vi siete mossi agilmente nel panorama indipendente italiano. Poi quest’anno andate a Sanremo e tutti rimaniamo di sasso. Come mai la scelta sanremese?

Perché a Sanremo c’è la possibilità di farsi conoscere da tantissime persone. Hai come pubblico gente che prima non ti conosceva, magari rimaneva un po’ stupita dal nome e si chiedeva: “Come mai Marta Sui Tubi?”. Noi siamo andati a Sanremo non portando canzoni sanremesi: non abbiamo fatto il singolo strappalacrime o strappa mutande, siamo andati lì con i pezzi che avevamo anche perché quando li avevamo mandati non avevamo altre canzoni oltre quelle che stavamo componendo per il disco nuovo. Inoltre siamo stati contenti di partecipare, c’era una direzione musicale di tutto rispetto con Giancarlo Magai e Fazio, che è uno che mette sempre la qualità in primo piano. E poi dobbiamo dirlo: è stata un’edizione giovane perché non c’erano i dinosauri della musica italiana, non c’erano i sessantenni e i settantenni.

Ti sono mancati gli esemplari preistorici?

No, no perché poi comunque sono arrivati come ospiti. E’ più appropriato per loro fare gli ospiti piuttosto che gareggiare. La competizione è una cosa che riguarda più le nuove leve. Bisogna anche lasciar spazio a chi cerca visibilità. Gente come Al Bano, Toto Cutugno o Pupo hanno fatto più di quindici Sanremo ciascuno. La cosa assurda è che Sanremo rispecchia anche la vita politica italiana dove ci sono i settantenni al potere.

Giovanni, visto che hai toccato questo tema e considerato che siamo ad una festa istituzionale, come vedono i Marta Sui Tubi la situazione politica del bel paese?

Purtroppo non siamo sicuramente in buone mani: abbiamo un governo che non riesco a comprendere, quindi andiamo avanti e speriamo. Comunque c’è un quaranta per cento di disoccupazione giovanile sotto i trentacinque anni in Italia, dato che si avvicina solo a quello del dopoguerra. E’ una situazione veramente preoccupante e se qualcuno non fa qualcosa ci ritroveremo presto in cattivissime acque. E’ ora che questa gente esca dal Parlamento e cammini tra lo sfacelo che loro hanno creato negli ultimi anni.

Nei testi delle vostre canzoni avete mai desiderato fare della denuncia?

Se cominci nelle tue canzoni a parlare troppo del sociale e della politica corri due rischi: il primo è quello di etichettarti politicamente, di diventare, più che un gruppo impegnato politicamente e socialmente, un gruppo che gravita in un’area politica e questo non ci piace assolutamente. Secondo rischio è quello di legarsi troppo ad un periodo storico, per cui magari quelle canzoni in quel momento vanno bene e sono attuali ma passato un anno non le ricorda più nessuno. Noi siamo partiti da una ricerca abbastanza in prospettiva a livello del sentire interiore di ognuno di noi e ci piace continuare in questo senso. Poi ci possono essere degli episodi come nel disco precedente “Carne Con Gli Occhi” , ma non possiamo improntare una carriera o un disco soltanto su una questione che magari tra qualche mese è superata.

Non avendo intenzione di vincolarsi ad un determinato periodo storico, dove si ricerca l’ispirazione?

L’ispirazione è una cosa che devi cercare tra le pieghe della quotidianità ed estrapolare quei grani di verità in cui ti capita di imbatterti.

Se chiamate un gruppo “Marta Sui Tubi” significa che la domanda la volete e allora vela dovete beccare senza batter ciglio: come mai questo nome?

(Giovanni sorride, ndr) Doveva essere un nome provvisorio, poi è rimasto definitivo perché tutti dicevano: “Come mai Marta Sui Tubi?”. Allora abbiamo cominciato ad inventarci storie e abbiamo scoperto che Marta Sui Tubi è l’anagramma di masturbati e di tamburi usati quindi ci è piaciuta molto questa cosa e lo abbiamo lasciato.

Il futuro prossimo di Marta Sui Tubi?

Suonare tutta l’estate e poi magari ci prenderemo una pausetta e cominceremo a lavorare sui pezzi nuovi. Per adesso ci vogliamo godere questo momento bello e gratificante non solo per noi ma in generale per il panorama musicale italiano che è ricco e sempre in movimento. Io ho un contatto molto stretto e diretto con nuove leve della musica italiana perché insieme alla mai compagna gestiamo un sito di crowdfunding con raccolta fondi su progetti musicali: si chiama musicraiser.com. Ci arrivano ogni giorno diverse proposte, noi ascoltiamo tutto e devo dire che ci sono delle cose molto interessanti. Altre sono un po’ banalotte, ma niente rispetto a quando abbiamo iniziato noi, quando in giro c’erano solo cloni degli Afterhours e dei Marlene Kuntz. Adesso c’è più verietà.

Torniamo ad oggi: che significato ha per voi suonare per il primo maggio festa del lavoro?

Significa partecipare al disagio di oggi, al problema grosso della mancanza di lavoro e dire la nostra.

Una canzone che vorreste urlare a squarciagola davanti a chi in questo momento è senza lavoro e ha le palle girate?

Adesso ne devo cantare quindici, quindi vedi tu quella che ti piace di più.

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