Mark Knopfler Live @ Forum di Assago, Milano – 03/05/13
Poco traffico fuori dal Forum. I bagarini vendono e non comprano. Non c’è il tutto esaurito. In scena Mark Knopfler, per tutti i cultori della sua voce, della sua chitarra e del suo passato con i Dire Straits, indimenticata band culto che ostinatamente (e disgraziatamente) non ha ancora ceduto a nessuna tentazione di reunion. Sul modesto palco del Forum introduce lo spettacolo un tondo uomo vestito di bandiera inglese: è giunto il momento di accogliere con un boato l’uomo tranquillo del rock.
Noi ci siamo, un po’ nostalgici del passato e molto prudenti, in attesa di un concerto che potrebbe pericolosamente deviare nel mondo country e folk, secondo la deriva solista di alcuni suoi album. Ebbene no. È Mark Knopfler, con molto del suono Dire Straits al suo seguito. Dopo un primo brano un po’ zoppicante, in cui Knopfler&Co. sembrano ancora dover scaldare falangi falangine e falangette, il suono invade il Forum e inonda il pubblico venerante, un pubblico d’altri tempi, per nulla pigro ma prodigo di applausi e pronto all’Osanna. Comanda Re Knopfler, con le sue regine, le innumerevoli chitarre di una collezione da fare invidia a chiunque.
Chitarre che cambia ad ogni canzone ed anche più volte nella stessa, per regalare il suo inconfondibile sound stellare, creato senza plettro e con sole tre dita, pronte a schiavizzare le corde. Attorno a lui c’è gente che non sembra essere da meno in quanto a virtuosismo. Nel negozio di musica di Mark Knopfler, se non suoni almeno 5 strumenti, non sei ben accetto. E così è per i dipendenti del suo regno, che oltre alle banali chitarre, sollecitano violini, flauti, contrabbassi, fisarmoniche, cornamuse, banjos e altri oggetti non identificati.
Dopo sette canzoni, tre accordi simulano il ritorno dei Dire Straits e, con Romeo and Juliet è pura magia. Non contento, esegue di seguito il brano dei Sultani, mentre il pubblico mima ogni accordo sulle corde immaginarie del proprio ventre. Piuttosto fedele ai suoni originali, la sua creatura esalta la massa, che sembra conoscere ogni millimetrico passaggio di musica, poiché ad ognuno di essi corrisponde un brivido. Su Telegraph Road se ne va, nonostante la struggente preghiera del pubblico, che vorrebbe non finisse mai. Concede due bis e se ne esce di nuovo, pacifico e tranquillo com’era arrivato, con la sua camicia jeans fuori dai pantaloni, la piazza dei grigi capelli, già radi allora, sereno e sorridente perché in fondo ignaro del suo imperdonabile peccato mortale, compiuto nel lontano 1995.
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