The Full Monty – Il Musical
Ammetto di essere entrata a teatro scettica. Da grandissima amante del relativo film di Peter Cattaneo uscito nel 1997, non facevo altro che chiedermi come avrebbero reso dal vivo Full Monty versione musical. Già dalla prima scena mi sono tuttavia tranquillizzata: sebbene adattata ad un contesto italiano, e nonostante le musiche del tutto originali, nel complesso la versione teatrale risulta piuttosto fedele a quella cinematografica.
Traduzione di quello che fu il musical di Broadway del 2000 ad opera di Terence McNally (libretto) e David Yazbek (musiche), The Full Monty Il Musical è stato portato in Italia da Massimo Romeo Piparo e la sua PeepArrow Entertainment. La periferica Sheffield inglese diventa la nostra Torino industriale, ma i temi trattati, l’umorismo e le amare denunce sono le stesse. Emblematica, in questo senso, la chiusura dello spettacolo: l’Art. 1 della Costituzione Italiana, l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, che compare dal crollo della ex-fabbrica dei nostri protagonisti.
Per lo spettacolo è stato messo insieme un cast ricco di grandi nomi: un sorprendente Gianni Fantoni (Zelig, Ciro) nel ruolo di Davide (Dave nel film); l’ilare Paolo Ruffini (Colorado, Maschi Contro Femmine) nei panni di Marcello (Lomper); Paolo Calabresi (Le Iene, Boris) per l’impeccabile Aldo (Gerald); un tutto sommato discreto Sergio Muniz (L’isola dei Famosi, Squadra Antimafia), adattamento fascinoso di Cavallo nel cubano Javier Caballo; il giovane Jacopo Sarno (Quelli dell’intervallo, High School Musical – Lo Spettacolo) a interpretare Gabriele (Nathan), figlio di Giorgio (Gaz). Giorgio che inizialmente aveva il volto di Pietro Sermonti ma che, a causa di un infortunio, negli ultimi spettacoli è stato sostituito da un sorprendente quanto purtroppo ancora tendenzialmente sconosciuto Nicola Zamperetti.
È di fatto la parte meno nota della compagnia a meritare i plausi maggiori; tra gli altri, mi riferisco in particolare alle tre donne calate nei panni delle mogli: Francesca Nerozzi, Gloria Miele e soprattutto un’impressionante Giovanna D’Angi.
Una menzione speciale va infine agli emergenti Simone Lagrasta, nei panni di Leo Buddy, spogliarellista che fornisce le prime dritte a Giorgio, e Marco Serafini, a coprire il ruolo di Daniele/Guy, sesto membro dell’improvvisato team di stripper; i due si sono guadagnati la parte attraverso un’ammirevole iniziativa del regista: l’inclusione nel cast due reali disoccupati, audizionati esclusivamente tra coloro che nell’ultimo anno avessero perso il proprio lavoro.
Insomma, due ore e mezza volate davanti ad uno spettacolo di ottima qualità, divertente, intelligente e non volgare, dove forse è rimasto deluso solo chi si aspettava qualcosa di più durante il finale servizio completo dei protagonisti, avvenuto realmente ma celato da un accecante quanto ingegnoso flash di luce.