Joel & Ethan Coen
100 registi (e tantissimi film) che migliorano una vita
Il quotidiano come accumulazione comica e tragica dell’imprevedibilità, della pazzia e della violenza dell’individuo qualunque che sopravvive nelle periferie d’America. La dialettica costante tra ristrutturazione e parodia del genere, lì dove lo svelamento del trucco permette al genere di confrontarsi con la sua finzione provocando nello scarto una qualche ammissione di realtà, lasciando i gesti archetipici dei gangster come dei cowboy proprio a quell’uomo qualunque indaffarato più che mai con le sue nevrosi, e che trova riscatto proprio nella reiterazione di gesti ormai stabili nell’immaginario collettivo. Complesso, contradditorio, inquietante, il cinema dei Coen, nella sua impraticabile recinzione in confini definiti, prosegue in un continuo scambio tra il recupero del genere classico e la messa in scena, all’interno di questo apparato sezionato con maniacalità, dell’uomo semplice, del loser, come dimostrano film come Fargo o Arizona Junior.
La loro carriera comincia nel 1984 con Blood Simple, che rispolvera il noir così come anche Crocevia della morte del 1990. Nel 1991 arriva, con Barton Fink, la doppia Palma d’oro a Cannes, per la regia e per il miglior film. Dopo aver girato uno dei film più costosi della loro carriera, Mister Hula Hoop, che però non ottiene ottimi risultati al botteghino, il successo arriva con Il grande Lebowski, nel 1998. Il film partito in sordina è diventato poi un cult, remake de Il grande sonno (film di Hawks dal romanzo di Chandler, scrittore che ispirerà anche le atmosfere de L’uomo che non c’era) è il compendio perfetto di questo innestare nei tessuti del genere il germe dell’anti-eroismo. Il Drugo, il protagonista, è la perfetta antitesi dell’eroe impersonato da Humphrey Bogart nella versione originale.
Come si può notare anche in Fratello dove sei? , che riporta in classifica la musica country, nel remake de Il grinta, oppure nella ripresa della commedia americana classica con Ladykillers e Prima ti sposo e poi ti rovino, gli oggetti della loro messa in scena sono proprio i classici su cui l’America ha costruito la sua storia e il suo mito. In un continuo rimescolamento della finzione con vicende storiche realmente avvenute, il loro cinema restituisce senza soluzioni di continuità infiniti punti di vista sulla Storia e sulle storie, aiutati anche dalla magistrale abilità con la macchina da presa, sempre dai movimenti imprevedibili e sempre capace di inquadrare lo scintillante e denso universo racchiuso nelle loro superbe scenografie.