The Grandmaster è l'attesa apertura della Berlinale 2013. Wong Kar-wai torna ad appassionarsi al wuxia (cinema di genere legato alle arti marziali); un film modulato secondo i suoi canoni consueti tra amore ed azione in un vorticoso circolo in cui tutto si auto-sussiste. Simbolo e figura di questo percorso è il grande Ip Man, personaggio mitologico che rappresenta tutta la scena del kung-fu delle origini.
Tutto è ambientato negli anni ’30, periodo in cui dopo l’apogeo il Kung Fu inizia ad esser relegato ai margini della società. Wong Kar-wai utilizza la storia di Ip per raccontare l'intero mondo delle arti marziali. Lo fa in continuo movimento, spostando avanti e indietro tempi, luoghi e personaggi della storia, creando squarci personali ma allo stesso tempo grandi confusioni in coloro che si sentono persi in queste lunghissime ellissi che nascondono un’oggettiva complessità e difficoltà nel montaggio. E’ difficile trovare un equilibrio tra l’azione ed il melodramma, ciò che si vede e ciò che viene semplicemente solo abbozzato. L’affresco poetico e ispirato di un'epoca rimane solo in embrione.
Straordinariamente interessante per chi conosce quel mondo e l’epopea di Ip Man rimane ostico per gli altri proprio perché troppo dispersivo. Ha il favore di contenere moltissimi momenti imperdibili e straordinari, soprattutto nelle vorticose battaglie e nelle straordinarie parole che delineano un atto morale superiore. Quei momenti valgono tantissimo e riconciliano finalmente con un cinema di genere spesso dimenticato. Quasi come se Wong ci volesse dire che il vero codice d'onore è quello che dobbiamo mantenere con noi stessi.