Cassandra – Le idee del 2001 e i fatti del decennio
Milano, Palazzo della Ragione: un grande salone dedicato alla lungimirante quanto scomoda riflessione nata dal contro-vertice di Genova nel luglio 2001: oltre 250 opere guidano lo spettatore in un viaggio attraverso gli ultimi dieci anni di storia.
Il colonnato centrale ospita una cronologia molto dettagliata di tutto il decennio: undici pannelli illustrano i fatti da non dimenticare, insieme a diverse prime pagine e un centinaio di vignette di Vauro, Altan ed Ellekappa.
Le pareti sono invece riservate quasi esclusivamente alle opere dei fotografi e a diversi monitor che proiettano filmati di repertorio; in questo caso il percorso segue un andamento tematico: economia e lavoro, beni comuni, guerra e repressione, società e diritti. Ognuna di queste sezioni è accompagnata da osservazioni personali di grandi giornalisti, opinionisti e scrittori. Alla fine del percorso è stato inserito anche un piccolo contributo riguardante la città di Milano.
Questa esposizione parte da un’idea molto interessante, ma purtroppo ci sono diverse lacune per quanto riguarda la sua realizzazione pratica. Il difetto maggiore è la mancanza di chiarezza nel percorso da seguire: i diversi andamenti (tematico e cronologico) delle due sezioni disorientano lo spettatore, che non capisce subito da che parte deve andare ed è costretto a fare lo stesso percorso due volte per osservarle entrambe con attenzione. Inoltre le opere lungo le pareti sono disposte in senso antiorario, così come i pannelli testuali di accompagnamento, si tratta indubbiamente di un elemento innaturale e di disturbo.
Ancora riguardo i pannelli testuali, è importante notare che non sono state rispettate le proporzioni spazio-testo: tra la sezione centrale e quella laterale c’è una grande area libera che, contrariamente a quanto sarebbe stato possibile, non viene sfruttata con grandi pannelli che facilitano la lettura e lo scorrimento della folla; sono invece presenti testi decisamente troppo lunghi e per niente incisivi, relegati in spazi piccolissimi e scritti con caratteri minuscoli e talmente fitti da costringere le persone ad avvicinarsi molto per leggere. Infine sarebbe stato sicuramente più utile scrivere poche cose direttamente sotto ad ogni fotografia piuttosto che costringere lo spettatore a leggere tutto per poi andare a cercare con gli occhi l’opera di cui sta leggendo.
Anche perché in questo modo gli scatti sarebbero stati più distanziati tra di loro e non avrebbero portato confusione al primo impatto visivo. Mostra interessante, quindi, ma che non rende giustizia all’idea che ne sta alla base.