milano calibro 9

Milano calibro 9 – Fernando Di Leo

Tu uno come Ugo Piazza non lo devi toccare! Di fronte ad uno come Ugo Piazza il cappello ti devi levare!

Dopo tre anni trascorsi a San Vittore Ugo Piazza vuole rigare dritto. Vuole andarsene da Milano, cambiare vita con la sua Nelly, ballerina di night club, pericolosamente sensuale. Ma come in ogni noir che si rispetti niente va come previsto. A volte è il passato che non vuole chiudere con te. Soprattutto se vieni accusato di aver fatto sparire trecentomila dollari.

Tratto dai racconti di Giorgio Scerbanenco, Milano Calibro 9 è uno dei poliziotteschi più imitati e omaggiati, considerato a tutti gli effetti uno dei capisaldi del genere (se non il caposaldo). In una Milano dai toni cupi e autunnali si assiste a questa vicenda che ha come protagonisti criminali mai redenti, carnefici e vittime allo stesso tempo, in un circolo vizioso dove i ruoli si confondono e ognuno, tra una sparatoria e l’altra, è artefice del proprio destino.

Di Leo non caratterizza eccessivamente i personaggi, che sono solo pedine di un gioco più grande di loro, ma vivacizza la narrazione grazie ad un ritmo elevato in cui la tensione è palpabile fin dalle prime scene e non scema sino ad una conclusione amara ma movimentata da un colpo di scena continuo.

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Punto di forza del film, oltre al ritmo, è indubbiamente la scelta degli attori; volti perfetti, sguardi taglienti come lame o duri come il marmo diventati icone del genere, oltre ai dialoghi straordinariamente efficaci, con battute entrate nell’Olimpo del cinema noir e citate in più pellicole. Da rilevare è anche la bella fotografia che fa di Milano un palcoscenico efficace per questa vicenda; un’atmosfera plumbea avvolge i personaggi che si muovono come se fossero costantemente spiati, come se da un momento all’altro qualcosa (o qualcuno) possa porre fine alle loro vite.

Assistendo a questo film non bisogna avere presunzioni di tipo artistico. C’è una certa povertà di contenuti che però non danneggia la narrazione, dove l’interesse è rivolto all’azione, orchestrata in modo da non allentare la tensione. Interessante, infine, per comprendere come le autorità si comportassero durante gli “anni di piombo”, come si vede dallo scontro di mentalità fra il commissario e il suo vice in merito al modo di affrontare la criminalità organizzata.

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