Lhomme qui rit – Jean-Pierre Ameris
Il film di chiusura di questa sessantanovesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia è L’homme qui rit di Jean-Pierre Ameris, regista che ha raccolto un recente successo di pubblico anche in Italia con Emotivi Anonimi.
Per la quinta volta viene portato sul grande schermo il romanzo omonimo di Victor Hugo, un classico che rimane tra i capisaldi del romanticismo francese. L’uomo che ride è Gwynplaine, ragazzino sfigurato da due cicatrici ai lati della bocca condannato a un eterno sorriso (come il Joker di Batman, che vi si ispira), raccolto e salvato a un passo dalla morte da un vecchio istrione girovago assieme a una bambina cieca. Cresce girando le campagne e dando spettacolo della sua atroce menomazione, finisce a Parigi dove trova un effimero successo e la perduta identità ma solo a prezzo di tremende rinunce.
Ameris sceglie il più romanzesco e hugoano dei corpi del cinema francese, Gérard Depardieu, per interpretare il vecchio Ursus e due giovani ottimamente in parte per Gwynplaine e Dea, la fanciulla cieca. E c’è tutto Hugo in questo film, romanticismo allo stato puro, amore e morte, il profetico annuncio della luce (la lumiére ripetono i protagonisti in momenti fondamentali) della rivoluzione dalla bocca sfigurata del mostro, del guitto, del bambino ferito. Ottima la confezione per una storia che forse sente il peso degli anni in tempi dove il romanticismo (almeno quello originale, per le dolciastre falsificazioni è un altro discorso) non trova gran posto. Applausi in sala per un prodotto che intrattiene, ed è già un risultato importante.