Estate 85
Un film che riprende i temi cari al regista, la sessualità, la formazione, le relazioni e i traumi, all’insegna di una ritrovata e compatta leggerezza.
Nella sua filmografia, François Ozon non si è mai sottratto a un confronto franco e aperto con temi problematici come la sessualità, la formazione, le relazioni e i traumi, andando a toccare talvolta contesti e eventi spinosi come nel recente Grazie a Dio (2019). In Estate ’85, tutto ciò viene nuovamente affrontato questa volta però all’insegna di una ritrovata e compatta leggerezza; cifra che non costituisce certo una novità nel repertorio del regista francese, che sa sempre spargere la giusta e sottile dose di ironia anche nei materiali narrativi più seri e carichi di opache angosce.
Il film narra l’estate del sedicenne Alex (Félix Lefebvre), alle prese con la sua prima travolgente storia d’amore con il quasi coetaneo David (Benjamin Voisin), conservando i toni giocosi ed estrosi del romanzo dell’inglese Aidan Chambers, Danza sulla mia tomba (1982) da cui è tratto. Nel raccontare la storia tra i due giovanissimi, la regia trascende quasi subito una disamina psicologica delle logiche di coppia e, per certi aspetti, del desiderio reciproco (temi molto più dominanti, ad esempio, in Chiamami col tuo nome di Guadagnino), allo scopo di non rallentare il ritmo travolgente della passione provata da Alex nei confronti di David. È Alex che ci narra quel sentimento che lo ha cambiato per sempre e quella breve stagione che gli ha permesso di conoscere il doloroso scarto tra l’amore e l’ingannevole idea dell’amore. E in questo quadro, che molto ha di letterario (complice anche la figura del professore – interpretato da Melvil Poupaud – che segue Alex e i continui riferimenti alla scrittura e alla poesia), non poteva mancare il motivo archetipico di Eros e Thanatos.
La morte si configura come un fantasma sin dall’inizio del film, manifestandosi nel fascino concettuale che Alex prova verso di essa e nelle folli e pericolose corse in moto di David, attratto dalla velocità come soglia da superare per trovare un senso. Quando alla fine diventa evento, anzi epilogo dell’amore, essa sembra comunque mantenersi all’interno di una fantasia dove è ancora possibile un ricongiungimento, un ritorno al desiderio iniziale da cui tutto era partito (emblematica, in questo senso, è la danza di Alex sulla tomba di David).
Sulla falsariga della sua poetica, Ozon sa affrontare con finezza questioni normalmente reputate pesanti o ingombranti: l’amore, l’omosessualità, il lutto, la figura dei genitori (la madre di David è Valeria Bruni Tedeschi, sempre speciale nell’interpretare le nevrosi dell’età adulta). E quindi se la danza sulla tomba è un tocco di black comedy che non stona con il dolore, l’omaggio fatto alla celebre scena de Il tempo delle mele (con ovviamente un’altra colonna sonora, Sailing di Rod Stewart, fatta ascoltare da David a Alex) rievoca la capacità intrinseca del cinema di cogliere in una sequenza un sentimento, una storia che ha parlato a ciascuno di noi. Estate ’85 sa di opera prima (non è quindi un caso che nelle intenzioni di Ozon l’adattamento del romanzo di Chambers dovesse essere il suo primo lungometraggio), ma reca evidente l’impronta di una regia autoriale.