Tratto dal romanzo di Roberto Saviano (che qui è anche sceneggiatore), questa trasposizione cinematografica prende in qualche modo le distanze dal testo di partenza in quanto viene messo quasi in disparte lo sguardo sui complessi meccanismi di potere che inglobano lentamente queste anime in quell’abisso chiamato Camorra, dove le aspettative di vita tornano ai canoni medievali. L’intenzione è di non ricalcare le orme di Gomorra, di uscire da Scampia e Secondigliano per addentrarsi tra le vie del centro di Napoli, tra il Rione Sanità (reso celebre dai film di De Sica ed Eduardo) e i quartieri spagnoli, dove le vecchie famiglie posate del Sistema rappresentano miti per i ragazzini che vivono nella difficile quotidianità partenopea. E la scelta è funzionale al fatto che, la maggior parte di questi ragazzini, non ha un’eredità malavitosa, ma proviene da famiglie normali, che arrancano per tirare avanti e sono costrette a pagare la protezione al capozona di turno. È proprio questa la scintilla che aziona il protagonista, Nicolas Fiorillo, quindicenne di bell’aspetto che assiste alla riscossione del pizzo nel negozio della madre e decide che quando comanderà lui nel quartiere nessuno dovrà più pagare.
La macchina da presa, guidata da Daniele Ciprì, porta lo spettatore all’interno della quotidianità di Nicolas e dei suoi amici, restituendo alla perfezione lo spunto dal quale nasce il racconto di Saviano e cioè l’interesse nel raccontare i bisogni e le ambizioni che uniscono un ragazzino di Napoli ad un coetaneo milanese, francese o americano: il desiderio di affermarsi attraverso il possesso di cose, con la sola differenza che in quelle zone sembra che la sola via per accedervi sia l’utilizzo delle armi e della violenza. Lo stesso Saviano utilizza una similitudine molto interessante, paragonando la pistola ad una ideale lampada di Aladino che basta strofinare per ottenere ciò che si vuole. Quella stessa lampada di Aladino che permette al ragazzino di 15 anni di sostituire il padre mancante e di provvedere per la madre e il fratello minore Cristian guadagnandosi la stanza con il letto matrimoniale, cedutogli simbolicamente dalla madre che gli conferisce così lo status di capofamiglia. Ma non c’è solo il crimine, appunto. Alcuni dei momenti più interessanti del film sono caratterizzati dalla quotidianità, dalle lotte tra fratelli per le crostatine a colazione mediate dalla madre, all’innamoramento tra Nicolas e Letizia che scoprono la meraviglia del Teatro San Carlo, ma ascoltano i neomelodici e si divertono a ballare in quella discoteca tanto ambita, da 500 euro a tavolo. Tutto questo diventa la struggente denuncia di un mondo in cui la perdita dell’innocenza avviene troppo presto e con troppa facilità, in cui anche gli amorevoli genitori sanno che è molto difficile per i figli sfuggire a un certo tipo di destino e silenziosamente accettano la delinquenza se questa può portare benefici e far riemergere una dignità altrimenti perduta.
La struttura potrebbe ingannevolmente sembrare semplicistica e superficiale, ma è tutt’altro. Emerge invece una lucida volontà di strutturare il film e le sue vicende in modo da far apparire tutto quel che accade a questi bambini, cresciuti troppo in fretta, naturale e fisiologico. I litigi tra fratelli e le prime incertezze amorose stanno al fianco dello spaccio, della rapina e delle sparatorie. L’accettazione del proprio destino criminale viene incrinata soltanto da qualche lacrima dopo il primo omicidio a sangue freddo, ma con una scrollata ci si getta tutto alle spalle e si ritorna alla vita normale. E viceversa. La dolcezza e l’amore del ragazzino adolescente e il risoluto arrivismo del giovane camorrista sono intercambiabili in ogni momento nel mondo narrato da Roberto Saviano e Claudio Giovannesi, che restituiscono lo specchio di una delle ferite più dolorose del nostro tempo e della nostra terra attraverso una messa in scena e una scrittura strutturata e sapiente, premiata con l’Orso d’argento alla Berlinale. Come in ogni ambiente criminale il potere, prima o poi, presenta il conto da pagare e lo fa anche con Nicolas, forse nel peggiore dei modi possibili. La paranza nel finale avanza compatta sugli scooter, destrieri in sella ai quali, probabilmente, andranno alla ricerca del Bacio Feroce.