«Non a tutti piace l’heavy metal» dice il protagonista in The Devil’s Candy. E si potrebbe continuare con: non a tutti piace Sean Byrne, regista australiano che si era fatto notare con l’originale horror super gore The Loved Ones. Il suo ultimo lavoro risale al 2015, ma è stato distribuito solo quest’anno in Italia dalla Midnight Factory, una sezione della Koch Media che da ormai due anni si occupa con grande impegno di distribuire nelle sale o per l’home-video esclusivamente film horror.
La storia segue un sentiero fra i più classici del genere: una famiglia si trasferisce in una casa (comprata, ovviamente, a un prezzo stracciato) dove è successo qualcosa di macabro e dove misteriose forze maligne sono all’opera e a caccia di nuove vittime. Se la trama rispecchia un modello canonico, lo sviluppo della storia e soprattutto la messa in sena prendono invece pieghe decisamente più originali. Un primo elemento di interesse è l’aver scelto come protagonista una famiglia alternativa di metallari, in particolare il padre Jesse (Ethan Embry) e la figlia Zooey (Kiara Glasco), che sfoggiano con fierezza le magliette di gruppi come i Metallica, i Motörhead o gli Slayer. Il padre è un artista che per mantenere la famiglia è costretto a dipingere quadri su commissione; proprio all’interno di questa divisione fra l’ambizione e la realtà dei fatti si insinuano tentazioni demoniache. Ma il vero pericolo è l’inquietante Ray (Pruitt Taylor Vince), un uomo disturbato che sembra perseguitare i protagonisti.
Jesse e Ray sono l’uno lo specchio dell’altro, il Bene e il Male si guardano in faccia. Il confronto fra queste due forze perennemente in lotta fra loro è il tema che attraversa tutto il film e il regista non si lascia sfuggire l’occasione di inserire qualche intelligente dettaglio, come l’ironica scelta dei nomi: al buono viene affidato il cognome infernale Hellman, mentre al serial killer Smilie. È proprio questa cura dei dettagli che fa apprezzare un film come The Devil’s Candy, dalla curatissima colonna sonora, ovviamente heavy metal, alle scelte di montaggio, che con parallelismi studiati non mostrano mai la violenza diretta, ma la suggeriscono costantemente, aumentandone il potenziale orrorifico.
Quello di Sean Byrne è un cinema sporco, denso e materico come la pittura usata dal protagonista per dipingere raccapriccianti quadri, un cinema che richiama quello di Rob Zombie. Ma The Devil’s Candy è anche un film che, attraverso una storia di possessioni, parla dell’influenza del Male sull’uomo. Sicuramente non è un film che piacerà a tutti, come non a tutti piace il metal. Ma se vi trovate a battere il tempo durante i titoli di coda su For Whom the Bell Tolls, probabilmente apprezzerete anche The Devil’s Candy.