Quando la stampa internazionale ha annunciato l'uscita di un nuovo album dei Samaris tra gli addetti ai lavori è scattato un immediato moto di curiosità. Infatti la band islandese, giunta al suo quarto album in studio, è ormai una delle più solide realtà del proprio Paese, un Paese che conferma una volta di più come, al di là dei luminosissimi esempi incarnati dai Sigur Rós e dagli Of Monsters and Men, possa vantare un panorama musicale e culturale ricchissimo che fa dell'Islanda un vero e proprio patrimonio sonico dell'umanità.
Ed ecco che questo Black Lights è un album diretta emanazione di un anno fatto di lunghi viaggi e traversate d'Europa per i membri della band. Registrato in separati momenti e luoghi da Þórður Kári Steinþórsson (aka Doddi), Áslaug Rún Magnúsdóttir e Jófríður Ákadóttir, “Black Lights” è un album dal grande fascino, con un'atmosfera oscura e glaciale come una fiaba gotica. Gli stessi titoli delle canzoni che formano il disco, come ad esempio la terza traccia, Gradient Sky, riflettono questo periodo, per ammissione degli stessi componenti della band, di grande cambiamento, mutazioni interiori ed esteriori e modificazioni del processo creativo.
Coordinate perciò che si modificano non soltanto dal punto di vista della longitudine e della latitudine, ma anche dell'approccio alla musica. Si prenda la già citata “Gradient Sky”, una perfetta gemma di pop glaciale che si nutre di un coro in sottofondo ripetuto sino allo stremo, di pulsioni digitali che permeano l'aria circostante con la voce di Jófríður Ákadóttir che quasi sussurra un testo che raggiunge direttamente le parti più profonde e nascoste della nostra coscienza. Non siamo lontani dalle evocazioni della quinta canzone, I Will (e cosa c’è di più cangiante e prossimo del, giustappunto, futuro semplice del verbo essere declinato alla prima persona?), dove le pulsazioni glaciali e digitali si fondono alla perfezione con un cantato mai così umano e caldo, ricolmo di vita.
L'intero album così si regge su questi pilastri: il cambiamento e il voler cambiare orizzonti (confermato dal fatto che gran parte dei missaggi sono stati effettuati in un appartamento Airbnb berlinese), lo spirito glaciale e l’attitudine umana e la voglia di fondere tutti insieme questi elementi. Gli islandesi ci dicono con “Black Lights” di, ovunque noi troviamo, ovunque noi siamo, in qualsiasi latitudine ci troviamo ad esistere, di andare costantemente a fondo nelle cose. E, non a caso, la canzone finale è In Deep un manifesto programmatico di cosa è, oggi, la musica dei Samaris.