Le vergini suicide – Jeffrey Eugenides
Le vergini suicide (Mondadori, 2008) di Jeffrey Eugenides è un romanzo dalla prosa caustica, al limite del morboso nei passaggi dedicati all’analisi intima dei personaggi.
Esso rappresenta inoltre un importante spunto di riflessione critica sul senso di precarietà, di insicurezza e pericolo, tematiche mai come oggi d’attualità dopo gli attacchi terroristici di Parigi e Bruxelles.
L’America degli anni ’70, descritta da Eugenides, è l’ennesima società in crisi, destabilizzata dai disordini razziali degli anni precedenti e ossessionata dalla minaccia di una potenziale guerra atomica.
Sullo sfondo della periferia
residenziale di Grosse Pointe, nello stato del Michigan, questa ossessione collettiva si proietta in quella più circoscritta di un gruppo di ragazzi adolescenti nei confronti delle sorelle Lisbon, cinque loro coetanee dagli occhi azzurri, febbrili.
Come suggerito dal titolo, il romanzo tenta di risolvere l’enigma del suicidio di Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese.
Il libro esordisce col primo tentativo di Cecilia, la più giovane delle sorelle Lisbon, la quale, stoicamente, si taglia le vene nella vasca da bagno.
La prima riga del romanzo ci svela poi la tragica fine delle altre quattro sorelle che si svolge secondo “movimenti calcolati al millimetro, previsti da un piano di fuga studiato nei dettagli”.
Attraverso il suicidio, le sorelle Lisbon esprimono appunto il bisogno di evadere dalla loro casa, ridotta ad un carcere di massima sicurezza dalla mentalità rigida, di stampo cattolico radicale, della signora Lisbon. Il contrasto tra la purezza delle sue figlie, con l’aspetto angelico che le contraddistingue, e le loro pulsioni adolescenziali evidenziate dal fascino sublime e perverso di Lux crea un’ambiguità pericolosa che finisce per mettere in crisi la gerarchia matriarcale di casa Lisbon.
Di conseguenza, il timore di un’eventuale corruzione morale delle figlie, associato allo shock del suicidio di Cecilia, paralizza la signora Lisbon in una spirale di paranoia che la porta a vedere il nemico ovunque : dalla scuola (da cui le sorelle Lisbon vengono ritirate), ai coetanei maschi di queste, agli stessi vicini. Sopraffatta dal persistere di un senso di insicurezza e pericolo non localizzati, l’amore della signora Lisbon per le figlie degenera in un abbraccio asfissiante, nell’assurdità “di un ambiente equipaggiato per garantire la sopravvivenza, sepolto in una casa che [diventa] un’enorme bara”.