L’incubo mancato di Elettra
Giuliano Scarpinato si confronta con Hofmannsthal
Elettra in greco vuol dire priva di marito, ed è proprio questo il destino dell’eroina greca nella versione di Hugo Von Hofmannsthal. Da quando la madre Clitemnestra ha ucciso il marito Agamennone con l’aiuto del suo amante Egisto, per usurparne il trono, Elettra si è trincerata nella non vita: dopo il trauma della perdita del padre decide infatti di abiurare la sua femminilità, poiché il sesso è macchiato per sempre con il delitto, e le fa orrore come tutti gli uomini.
Creatura irrisolta, Elettra è contraddizione vivente: è viva ma rifiuta la vita, è donna ma la sua sessualità incerta, è ostinata come Antigone ma afflitta da un male di vivere amletico che la rende estremamente contemporanea. Proprio shakespeariana sembra infatti la prima scena con cui si apre l’Elettra di Giuliano Scarpinato (prod. Wanderlust Teatro): all’interno di una reggia dai candidi drappi bianchi sembra di vedere Claudio e Gertrude, mentre a tavola, attorniati dalle cameriere moderno coro ci sono Clitemnestra ed Egisto in sgangherata armatura (costumi Dora Argento), come fosse la parodia di un père Ubu che intrattiene con barzellette di dubbia ironia.
Tutto è avvolto nel buio, per terra appare addirittura il bagliore di una luce rossa come macchie di sangue, queste le indicazioni di Hofmannsthal; Scarpinato, dal canto suo, colloca invece la vicenda in uno spazio naturalistico poco perturbante (scene Marco Borgogni e Diana Ciufo), che se da un lato avvicina la storia ai giorni nostri, dall’altro sembra toglierle la sua valenza simbolica che affonda nell’ irrazionale, risultando così poco pregnante a livello drammaturgico.
All’interno della reggia il tempo non passa: tutto si è fermato a quel momento originario da cui le tre donne vogliono fuggire, il trauma dell’assassinio. Clitemnestra (Elena Aimone, la migliore in scena) è decisa a rimuoverlo per essere però perseguitata da incubi notturni; Crisotemi (Eleonora Tata), sorella di Elettra, vorrebbe solo dimenticarlo per avere finalmente una vita normale; e infine Elettra (Giulia Rupi) è assetata di odio e vendetta nei confronti della madre. E così si presenta sul palco la figlia della regina: straniera nella sua terra, un grande cappotto militare a nascondere le sensuali forme femminili, come un animale selvaggio ferito in preda a indomabili impulsi.
Come il principe Amleto, Elettra ha solo parole, parole, parole ma è incapace di agire. Eccola che in un susseguirsi di urla, risate isteriche, scontri fisici e verbali, non potrà fare altro che ripercorrere l’orrore indicibile del trauma nei colloqui con la madre e la sorella, quasi a formare un’ideale tripartizione freudiana tra Es, Io e SuperIo. Hofmannsthal, e di conseguenza la regia di Scarpinato, spalancherà così davanti al pubblico l’abisso della mente umana e della sua complessa psicologia portando le donne ad una devastazione somatica e psichica che solo il ritorno di Oreste (Raffaele Musella) potrà placare, sciogliendo finalmente la storia al punto che non rimarranno più parole ma soltanto un’ultima danza dionisiaca (assistente ai movimenti Daniele Sala), che ha il sapore di una vendetta folle e liberatrice.
Scarpinato rappresenta così la sua rielaborazione di Elettra (debuttato lo scorso agosto alle Dionisiache a Segesta) in modo efficace ma pur sempre sottotono rispetto alle potenzialità. Non tanto per un’impostazione interpretativa che alterna momenti di grande pathos ad altri più grotteschi (che però se non sviluppati fino in fondo rischiano di diventare più parodici che disturbanti); ciò che manca piuttosto è uno scatto registico e interpretativo ulteriore che sappia andare oltre la rappresentazione per far vivere la storia e farla ri-vivere al pubblico. Scardinarla, insomma, dalle rassicuranti assi del palco in modo da far esplodere in pieno la potenza viscerale e primitiva del capolavoro di Hoffmansthal.
E certo sappiamo per esperienza (vedi Fa’afafine Premio Scenario Infanzia 2014) che questo scatto Scarpinato potrebbe sicuramente farlo.
Letture consigliate:
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Alcesti: il vuoto prezioso di Massimiliano Civica, di Giulio Sonno
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Ascolto consigliato
Teatro Vittoria, Roma – 5 giugno 2016