Black – L’amore ai tempi dell’odio – Adil El Arbi, Bilall Fallah
Mercoledì 31 agosto nei circuiti The Space è stato proiettato Black, produzione belga indipendente incentrata su un amore fra membri di gang di strada rivali nella Bruxelles attuale. I titoli di testa accompagnano la sequenza di violenza su una donna attraverso una rete metallica, in cui però solo questa è a fuoco, mentre lo sfondo è impercettibile. Subito dopo si viene scaraventati nella capitale belga durante uno scippo ad opera di un giovane appartenente alla gang 1080; quel giovane è Marwan, il quale dopo una rissa con la gang rivale Black Bronx conosce Mavela, che ne fa parte. Lui è marocchino, lei fiamminga di colore; dovrebbero essere nemici ma si innamorano e scelgono di proteggere e nascondere la loro storia. Fino a quando il fatto viene reso noto e lo scontro sarà inevitabile.
Al loro terzo lavoro, i due registi belgi Adil El Arbi e Bilall Fallah delineano subito un ambiente metropolitano che fa paura. I giovani delle gang delinquono per necessità e piacere, deridono la polizia, sembrano abituati alla detenzione. L'astio razzista è latente nei cuori di ognuno e basta veramente un niente per farlo esplodere ed arrivare alle mani o alle armi. L'ultra-realismo che scaturisce da questo quadro disegna una Bruxelles che inquieta allo stesso modo di giorno e di notte. Ma nella stazione di polizia Marwan tenta di rimorchiare una ragazza come tante, finché si accorge di non poter fare a meno di lei e di voler cambiare vita.
La storia di Romeo e Giulietta (vera ispiratrice, tanto che Shakespeare viene menzionato da uno dei teppistelli) viene qui trasposta nel crudo ambiente delle lotte di quartiere, all'epoca degli smartphone. E funziona perché la storia d'amore lascia il giusto spazio anche all'ambiente in cui si sviluppa: violento, regolamentato e spietato. Notevole la scelta di non distinguere i due protagonisti dagli altri solo perché innamorati: inizialmente, Marwan è ladro e spaccone verso i poliziotti, mentre Mavela si sente piacevolmente giustificata a delinquere dal fatto che alcuni suoi familiari sono in carcere. Ciò ostacola (almeno nella prima parte) l'immedesimazione, ma è la giusta scelta perché in guerra è difficile rimanere distaccati e non esserne plasmati.
La grande eredità della migliore cinematografia di Spike Lee viene rielaborata con maggior ritmo, ma con la stessa sapienza e potenza. Da preferire la versione originale sottotitolata, che mostra come il francese e il fiammingo costituiscano un ulteriore ostacolo all'integrazione.