La naturalezza della violenza
Psycho Killer di Ippolito Chiarello
Le chiavi di quel folle universo creato da Quentin Tarantino sono costantemente assegnate ai suoi personaggi che, prima delle loro storie, riescono ad affascinare con i loro metodi poco ortodossi gli ormai numerosissimi fan del cineasta statunitense. L'obiettivo del regista del Tennesee è da sempre quello di creare personalità che offrono allo spettatore una miscela di professionismo e dilettantismo, di sofisticatezza e di durezza. Film come Le Iene, Pulp Fiction e Grindhouse mettono in mostra svariate figure di professionisti talmente sofisticati da risultare assolutamente seducenti. Come seducente è la loro particolare propensione alla violenza, che riesce a rendere il compimento di un crimine efferato naturale quanto bere una tazza di caffè. Si potrebbe scrivere a lungo sull'argomento, ma forse è meglio sintetizzare utilizzando le parole di Martin Scorsese: «L'eroe di Tarantino è ironico, non esistenzialista. Se gli capita di ammazzare qualcuno, dice Be', e con questo?».
Tra i memorabili personaggi delle sue pellicole, è impossibile dimenticare Louis Gara (Robert De Niro), uno dei protagonisti di Jackie Brown. Più goffo e introverso rispetto agli altri colleghi, Gara ha qualche problema a relazionarsi con il mondo esterno e non disdegna un'uccisione a sangue freddo in un luogo pubblico per calmare la sua ansia. Proprio a lui pare rifarsi in parte il protagonista di Psycho Killer: quanto mi dai se ti uccido?, spettacolo di Ippolito Chiarello (prod. La Luna nel letto) ispirato a Quanto mi dai se ti uccido?, libro pulp di Walter Spennato.
Il Teatro Paisiello diventa una sala concerti, e mentre le note jazz di un sassofonista (Raffaele Casarano) iniziano a riempire l'atmosfera, ecco arrivare un personaggio squilibrato e confuso (Chiarello). Vestito di tutto punto, con abito gessato e cravatta, inizia a minacciare con la sua pistola tutte le persone che gli capitano a tiro: la quarta parete è abbattuta e tutto il teatro è sotto sequestro. Dal musicista al pubblico, passando per il malcapitato e bistrattato tecnico di merda (Michelangelo Volpe), tutti diventano vittime della rabbia repressa di un uomo alle prese con il suo appuntamento andato a male.
Come spesso avviene nell'arte, dunque, un amore irraggiungibile simboleggia un'anima in pena che non riesce a trovare una collocazione nel mondo; ma questa volta il gioco diventa pericoloso, perché il protagonista non sa far altro che uccidere la gente. Ossessionato dalla violenza quanto dalla cultura più accessibile, il serial killer filtra la sua vita attraverso i grandi classici del cinema, della tv e della musica, mentre rimane infastidito di fronte alle ostiche note del jazz o al teatro contemporaneo, in cui uno parla e contemporaneamente il pubblico non capisce un cazzo.
Eppure, le confessioni dei presunti omicidi unite al racconto della sua scompigliata esistenza, non fanno altro che trasformare il carnefice in vittima di un sistema che da anni ormai, attraverso trasmissioni televisive, film e videogame, non fa altro che abituarci inconsapevolmente alla violenza. Basta una psiche più fragile rispetto ad altre per creare un cortocircuito dai risvolti indesiderati. E in questo divertente e caotico scherzo teatrale, l'istrionico mattatore Chiarello, attraverso la derisione, ci trasporta in una mente che chiede disperatamente aiuto, e alla quale basterebbe davvero poco per ritrovare un equilibrio.
Letture consigliate:
Pulp Fiction Vent’anni dopo, di Giacomo Lamborizio
The Hateful Eight Quentin Tarantino, di Nicola Delnero
Ascolto consigliato
Teatro Paisiello, Lecce – 29 aprile 2016