Il racconto di Zeta parte da un triello amoroso nelle periferie di Roma. Alex al mattino lavora al mercato del pesce e alla sera rima sui loop composti dal suo migliore amico Marco (Jacopo Olmo Antinori). Con la musica hip hop vogliono fare la differenza. Come i due amanti della Fiamma del Peccato di Billy Wilder, Fino in fondo è il loro motto: essere fino in fondo quello che sognano di essere. Gaia (Irene Vetere) è la ragazza di Marco ma il suo legame con Alex è torbido e ambiguo. Gaia ama Alex ma può farlo solo in silenzio. Eh già, si tratta di uno stallo alla messicana. Alex con il suo talento musicale riesce ad attirare l’attenzione del famoso Rap Sante (Salvatore Esposito) e successivamente a conquistare un contratto musicale. Con lo pseudonimo di Zeta raggiungerà il successo perdendo tutto il resto. La Zeta in quanto punto terminale non può che evocare lo spettro della morte e la solitudine.
Diversamente dalle altre ballate rap cinematografiche (viene subito in mente L'odio di Mathieu Kassovitz), Zeta di Cosimo Alemà non è fatto di fuoco, sporco e carne. Certamente la produzione è coraggiosa e fuori dalle leggi del mercato Italiano tuttavia con il suo non essere mai sopra le righe, con la presenza di sesso e violenza ridotte al minimo e l’assenza di qualsiasi forma di iconoclastia il film appare inconsistente ed eccessivamente controllato come quelle hit pop studiate a tavolino dai discografici.
L'hip hop di massa propone argomenti semplici e basi musicali accattivanti tali da poter essere orecchiabili da tutti, la dimensione pubblica è assente. Le storie e i personaggi di Zeta sono proprio così. Alex e Marco hanno lo spessore di un capello dei Cesare e Vittorio di Non essere cattivo di Claudio Caligari e le individualità dei tre giovani protagonisti, i loro smarrimenti e disagi adolescenziali hanno un peso talmente mastodontico da oscurare e banalizzare le tematiche sociali presenti in sceneggiatura.
Il film è tutto sulle fragili spalle di Diego Germini in arte Izi, talentuoso rapper che forse diventerà un beniamino dei ragazzi ma a questo stadio la sua recitazione fa male come fanno male dei fendenti di serramanico in una rissa di strada. Zeta/Izi è onnipresente per tutta la durata ma è un personaggio di base strutturato in modo confuso. Vediamo le sue azioni senza capirne le intenzioni e la sua rivalsa sociale puzza di arrivismo e desiderio di successo facile (nonostante la finale battaglia di freestyle redentrice). Citando i fratelli Marx: può essere che Zeta parli come un idiota e abbia una faccia da idiota ma non lasciatevi ingannare, è veramente idiota. L'artista rap vive per la parola e ama l’inchiostro così come un cinefilo ama in modo osceno il bianco dello schermo cinematografico. Ma nel film questa fondamentale relazione è frettolosamente accennata.
Zeta è un diorama di volti noti della new school dell'hip hop italiana. Riconosciamo Baby K, Ensi, Clementino, Fedez. In pratica li contiene quasi tutti come fa un marvel movie con i super eroi. Notevole il cameo di J-Ax che, con il pizzetto sfiorato dal grigio come se fosse stato spruzzato da una mano quasi insicura, indicherà al protagonista la strada giusta cioè quella della lotta.
Il regista fa i conti con l’estetica da videoclip mostrando conoscenza e tecnica. Una confezione ottima per un pacco che si rivela vuoto.