Succedono cose veramente impreviste in questo paese.
Pietro Taricone si schianta al suolo a Terni, dopo essersi lanciato con il paracadute. Muore durante la notte. E a te spiace. Ma ti spiace per davvero. Ti spiace come se Pietro lo conoscessi, lo incontrassi l’estate in villeggiatura, come se fosse il tipo di quinto superiore per cui avevi una cotta a 14 anni. Non lo si può nemmeno stigmatizzare per aver partecipato al Grande Fratello in quanto, d’altra parte, ha partecipato alla prima edizione, quando partecipare aveva un senso. Non si è lasciato cannibalizzare dal sistema e non è andato a massaggiare i merdosi piedi di Lele Mora. A quanto pare, aveva del cervello, Pietro. E a quanto pare, era una bella persona. Ha saputo fare buon uso della reality Tv, ha saputo quando entrarci e quando uscirne, conservando la propria dignità e scegliendo il proprio percorso in autonomia, sfuggendo al diabolico duetto Costanzo-De Filippi, proprio negli anni in cui quel genere di Tv sbocciava nel suo massimo fetore.
Non è scomparso un grande attore, uno storico conduttore televisivo, una rockstar bella e dannata. Se n’è andato un ragazzo, uno di giù, un meridionale, uno di quelli dal retrogusto vagamente guappo ma che sanno farsi voler bene. E, infatti, il dispiacere percepito è esattamente quello. Come se fosse successo a un vecchio amico. A un conoscente persino. Uno che non si sentiva più da anni, ma che si ricorda sempre con un sorriso, ripensando ai suoi modi schietti e alla simpatia che suscitava.
Il punto è che Pietro, a differenza di tanti coevi e altrettanti posteri (televisivamente parlando) aveva una stoffa diversa e ha difeso la sua individualità, cedendo a Costantino Vitaliano il ruolo altrimenti suo di emblema della neotelevisione generalista privata.
A questo punto potremmo parlare di quanto i mezzi televisivi alterino la percezione del conosciuto e ci conducano a sviluppare una radicale forma di familiarità indotta verso i beniamini del piccolo schermo, oppure potremmo parlare del fatto che la morte di Taricone fosse la prima notizia sia del Corriere che di Repubblica stamani e che certuni hanno imbastito un rudimentale paragone tra la morte di Pietro e le morti bianche, rivendicando la maggiore importanza delle seconde sulla prima.
Tu ritieni che fare queste polemiche non abbia senso e pensi anche che se gente comune, scrittori e giornalisti, manifestano cordoglio per la prematura scomparsa di un ragazzo di 35 anni, che lascia moglie e figlia, si tratti di una semplice manifestazione di umanità. Perché è di questo dispiacere che si tratta.
Punto. E basta.