Just Kids – Patti Smith
«Dear Robert, […] You drew me from the darkest period of my young life, sharing with me the sacred mystery of what it is to be an artist». Così Patti Smith si rivolge a Robert Mapplethorpe in Just Kids (Bloomsbury, 2010), più precisamente in una lettera che riassume l’opera, la vita e il genio creativo di una tra gli artisti più visionari del suo tempo che ebbe la determinazione di sperimentare fino all’audace fusione di poesia e rock and roll.
Non sarà soltanto il profondo e indissolubile legame con Mapplethorpe a far riemergere Patti Smith dal «periodo più oscuro della [sua] giovinezza». Accanto a lui, primo e ultimo amore della sua vita, l’altro grande protagonista di Just Kids è il rock and roll. Horses (1975), primo album di Patti Smith, è un omaggio a quel genere musicale che le permise di riscattarsi da un’adolescenza difficile e intraprendere il viaggio verso un tipo di autoaffermazione artistica che fosse consapevole e responsabile. Esso fu registrato all’Electric Lady Studios di New York, davanti al quale cinque anni prima si era fermata a discutere con Jimi Hendrix del sogno che questi intendeva realizzare per sé e per la musica: riunire musicisti da tutto il mondo a Woodstock e farli suonare assieme fino alla rivelazione, per mezzo delle loro discordanze di suono, tempo e melodia, di un linguaggio universale.
Just Kids è la storia di un’epoca d’intenso fervore creativo che vede Patti Smith e Robert Mapplethorpe, sullo sfondo della New York degli anni Sessanta e Settanta, scegliersi e sostenersi a vicenda nel loro percorso esistenziale e artistico. «Just kid» li definisce con scetticismo un passante in Washington Square in risposta alla moglie che vorrebbe invece fotografarli perché secondo lei si tratta di una giovane coppia di artisti: l’anonimo protagonista di quest’aneddoto non poteva saperlo, ma il suo grossolano errore di valutazione, oltre a dare ironicamente il titolo al libro, mette in luce per contrasto il destino di due ragazzi di talento che si faranno ben presto portavoce, nella vita come nell’arte, di una prospettiva mistica e visionaria.
Patti Smith rivoluzionerà forma e contenuto del rock, esaltando le infinite possibilità del genere per mezzo della sperimentazione; Robert Mapplethorpe esplorerà le zone più oscure e controverse della fotografia, laddove nessuno aveva mai osato avventurarsi prima. Lei sottoporrà il proprio talento creativo ad una messa in discussione costante attraverso l’introspezione; lui proietterà al contrario la sua immaginazione, poiché essere artista è vedere ciò che gli altri non vedono. In sostanza, se per Patti Smith l’artista è colui che trasforma il proprio tempo e incide su di esso, per Robert Mapplethorpe l’unica cosa che conta è l’opera: dominata nello specifico da un universo intimo solitario e pericoloso, essa si realizza in un equilibrio tra esecuzione formale e fede nella propria capacità innata di artista.
Questo è anche Just Kids: la testimonianza che «la contraddizione è spesso la via più evidente verso la verità » e che «alcuni di noi sono nati per essere rivoluzionari». Ciò rimanda alla forte componente mistico-religiosa che caratterizza lo spirito creativo di Patti Smith: a partire dal passaggio che prelude alla prefazione del libro («[…] art sings of God, and ultimately belongs to him») fino all’esortazione ultima a ribellarsi contro Cristo in quanto emblema della ribellione stessa («Christ was a man worthy to rebel against, for he was rebellious itself»). Ma soprattutto Just Kids è un’intensa e coinvolgente lettera d’amore che Patti Smith dedica a colui che fu destinato sin dal primo istante ad essere l’uomo e «l’artista della [sua] vita», nonché «la più bella di tutte le opere»: «[…] of all your work, you are still your most beautiful. The most beautiful work of all».