Nel pieno del conflitto israelo-palestinese, alla vigilia della morte di Yasser Arafat, il figlio di una delle più importanti figure di Hamas viene catturato e imprigionato. A fine di evitare le torture e probabilmente la morte, decide di collaborare con i servizi segreti israeliani. È lui il Principe Verde, nel gergo militare israeliano una figura di fondamentale importanza per poter acquisire importanti informazioni sul nemico. Tutte le strategie, le intimidazioni, le psicologie e i sanguinosi fatti contenuti in questo profondo documentario sono narrati direttamente dai due reali protagonisti: in due location diverse, il ribelle palestinese Mosab e il reclutatore israeliano Gonen raccontano gli eventi col cuore in mano dai due rispettivi punti di vista, intervallati da immagini di repertorio e di fiction.
Dal punto di vista narrativo, quasi ci si perde nel seguire i complessi giochi di complicità e ricatto a cui i due sono sottoposti: di volta in volta, spiare il nemico si fa sempre più arduo. Nelle loro parole si palesano la crescente precarietà delle situazioni e un costante senso di pericolo; l’odio che scorre fra loro è lampante, ma gradualmente appare evidente come essi siano due facce di una stessa tremenda medaglia, che è la guerra: vincolati l’uno all'altro, incapaci di essere completamente fiduciosi, addirittura memori di non diventarlo per timore di essere esposti al pericolo.
Solo in un secondo tempo si comprende che il tradimento di Mosab verso il suo paese, in apparenza folle, è in realtà un coraggioso atto di responsabilità. Infatti, divenendo ostaggio degli israeliani, fa in modo di proteggere la sua famiglia. Per estensione, la segnalazione preventiva degli attentati kamikaze diventa un modo per salvare i martiri da morte certa. È qui che il potente messaggio di Il figlio di Hamas fa breccia in un clima di sangue e odio: l'obiettivo ultimo è quello di salvare vite umane. Inoltre, parallelamente il rapporto tra Gonen e Mosab si consolida fino a sfociare in una vera e propria amicizia, che purtroppo non potrà essere come tutte le altre.
Il figlio di Hamas è molto interessante, perché documenta una realtà in cui due nazioni sono vittime dell'astio e in esse due persone cercano di sopravvivere con i metodi a disposizione di ciascuno. Va da sé che i racconti dei protagonisti rapiscono e fanno riflettere. Non dispiace poi che montaggio, fotografia e tecnica di regia siano affinati come in un film di finzione.