Paper Street consiglia: 5 piani sequenza da vedere (prima o poi)
Solo il genio sconfinato di Orson Welles poteva, nel 1958, attraversare il confine di due paesi (Messico e Stati Uniti) in piano sequenza per cominciare il film L’infernale Quinlan: un noir con Charlton Heston, Janet Leigh e lo stesso Welles, co-protagonista, che interpreta l’infido capitano di polizia Hank Quinlan.
Nel 1997 il talento dirompente di Paul Thomas Anderson decolla in tutto il mondo grazie ad un’ottima prova: Boogie Nights – L’altra Hollywood. Anche l’allora 27enne Anderson (che però poteva usare la steadicam, al contrario di Welles) sceglie di aprire il suo lungometraggio con un piano sequenza che ha dell’incredibile per durata e numero delle azioni che avvengono davanti alla macchina da presa.
Se parliamo di cinema italiano non possiamo non citare Paolo Sorrentino che già aveva chiuso Il divo, nel 2008, con questa tecnica e torna al piano sequenza nel 2011 in This Must be the Place realizzando una sorta di videoclip dentro al film, accompagnato da uno dei pezzi più belli dei Talking Heads.
Si torna indietro nel tempo per citare l’onnipresente Hitchcock: il maestro del brivido, avanti anni luce, nel 1948 sceglie di girare TUTTO un film in piano sequenza; un’unica scenografia (un piccolo appartamento) James Stewart protagonista per un film fondamentale, Nodo alla gola. L’unico limite per il regista inglese era dato dai mezzi dell’epoca: tutte le riprese durano 10 minuti ciascuna, il tempo di durata di un rullo: gli stacchi per cambiare bobina sono camuffati per dare allo spettatore la sensazione di continuità.
Un altro mostro sacro onnipresente quando si parla di messa in scena cinematografica. Un altro piano sequenza (ma il film ne è pieno) indimenticabile. 1980, Stanley Kubrick scopre la steadicam grazie a Garrett Brown. Siamo nei corridoi dell’immenso Overlook hotel: il piccolo Danny scorrazza con il suo triciclo.