Batman, Joker e il poliziotto Jim Gordon sono i vertici di un triangolo attraverso cui Alan Moore ha impostato nel 1988 il suo celebre The Killing Joke. Il razionalismo ostinato dell'”uomo comune” viene messo a dura prova dalla brutale teoria del Joker: basta una brutta giornata per ridurre alla follia l’uomo più assennato della terra. Per dimostrarlo l’insano pagliaccio fugge dal manicomio di Arkham e si accanisce con violenza sulla figlia di Gordon, Barbara, a cui scatta terribili foto che mostrerà al padre inerme nel tentativo di spingerlo verso la pazzia.
Nel fumetto i disegni di Brian Bolland danno corpo a una sceneggiatura meticolosa, un ingranaggio perfetto composto dalla successione delle ambientazioni e dei flashback da cui si apprende il passato del nemico numero uno del vigilante di Gotham. Alla storia di Moore, ormai pietra miliare della nona arte, si ispira Antonio Sinisi portando in scena Tetro, uno spettacolo che traduce con efficacia il teorema del Joker riecheggiando Giacomo Leopardi e l’antipsichiatria di Ronald Laing.
Quello che abbiamo individuato come il triangolo di Moore si frantuma e si ricompone qui in un unico personaggio sul palco (l’efficacissimo Gabriele Linari). Il dramma acquista una tonalità se possibile ancora più cupa, “tetra” appunto. Razionalità, follia, necessità di “seguire le regole” senza cadere nel tranello del Joker, sono aspetti che smettono di appartenere ai rispettivi personaggi per incarnarsi nella mente e nei gesti, nel canto e negli spasmi di un Joker lasciato solo con se stesso. Anche di Batman, messo a dura prova, non rimane che un ombra proiettata, due dita sulla testa a simulare la famosa maschera da pipistrello. Il luna park abbandonato, utilizzato come scenario per gli orrori cui è costretto ad assistere Gordon, diventa allora un disegno graffiato sulla parete nera del fondo.
Tutta la scena è uno spazio asfittico abitato dai deliri del Joker. L’azione non può che essere schizofrenica, frammentata. Una camicia dalle tinte acide, un mantello scuro o la particolare modulazione della voce servono a Linari per assumere di volta in volta la parte dei personaggi della vicenda, ma, diversamente dal fumetto, in Tetro la scelta di un solo interprete per le diverse parti spinge lo spettatore a dubitare che sia Joker stesso a costruirsi ruoli, azioni e reazioni nella sua testa, seguendo un diabolico canovaccio. Come una buia cella di Arkham, infatti, il palco si fa metafora della mente stessa del suo inquilino.
Non basta il tentativo di Batman di imbrigliare i deliri del rivale per riportarlo, se possibile, su una retta via. La cavernosa risata di Joker, una ennesima, splendida barzelletta, sono l’ultimo sberleffo per dimostrare il filo sottile come il raggio di luce di una torcia o una giornata storta che separa la ragione dalla follia, Gotham da Arkham.
Teatro Studio Uno, Roma – 8 gennaio 2015
In apertura: Illustrazione ©Martoz