Cirino e Marilda non si può fare – Anna Marchesini
E così a cucire le trame dei destini della vita ma anche della morte è un filo invisibile di fulminee irrilevanze, moscerine appunto in grado di travolgere gli eventi
Anna Marchesini spiega così il titolo del suo ultimo libro (Rizzoli 2013) da cui è tratto il racconto Cirino e Marilda non si può fare: ultimo capitolo di “fulminee irrilevanze”, scritto appositamente per il teatro e in tournée già dalla scorsa stagione.
Appare minuscola l’autrice-attrice, illuminata dal candore di un abito che s’intravede appena dietro l’enorme leggìo, unico apparato scenico, che unitamente alla band Aire de Mar (Martin Diaz chitarra, Marco Collazoni sax e flauto, Saverio Federici percussioni), non riesce a riempire l’enormità del palco del Teatro Argentina tutto esaurito.
Eppure quella scena si anima: sembra quasi di vedere il professore malinconico e solitario Cirino Pascarella, la figura “invasiva” della sora Olimpia, quella esile della figlia disperatamente zitella Marilda, tutte incastrate nella Pensione Smeraldo gestita dalla popolana che in tutti i modi cerca di “sistemare” l’ormai quarantenne “tanto caruuuccia” figliuola.
Il reading palesa immediatamente due registri narrativi: l’intonazione dell’attrice Marchesini lavora d’intreccio con le parole calibrate dell’autrice Anna, e così ai toni ridanciani, volgarotti e pieni zeppi di allitterazioni di donna Olimpia, si alternano quelli delicati e sognanti, poetici, del Professor Cirino. La funzione paradigmatica della parola – la capacità di rendere visibile il racconto e di mostrare l’azione – funziona magnificamente: sembra di essere tutti stipati in silenzio in quella “stanza 12” dove Cirino si trova separato dalla vita, in un limbo d’esistenza intermittente tra le incalzanti “pretese matrimoniali” di Olimpia e la luce della finestra di fronte alla sua, dove il profilo di un giovane ventenne risveglia nel professore quella voglia carnale di esistenza, una “nostalgia del possibile di cui non si conoscono gli aspetti”.
Mentre tutto il repertorio comico-drammatico di Anna Marchesini riaffiora foderando di voce e smorfie la tenutaria della Pensione Smeraldo (immancabile il sonoro “per ca-ri-tà, tze!”) il racconto delicatamente si dissolve in un epilogo quasi cinematografico, sospeso nella necessità di un “altrove” per Cirino, che finalmente può farsi certezza.
Mancava da sette anni Anna Marchesini dalle scene romane – come ha ricordato un orgoglioso Antonio Calbi alla calda platea dell’Argentina – che ha tributato due standing ovation: la prima a Franca Valeri, di cui il direttore del Teatro di Roma ha anticipato il prossimo progetto artistico legato al Teatro Valle; la seconda, durata ben tredici minuti, alla “moscerina” che moscerina non è, alla donna di lettere e teatro che ieri è stata in grado “di travolgere gli eventi” e coinvolgere con la sola, enorme, forza delle parole.
Ascolto consigliato
Teatro Argentina, Roma – 5 gennaio 2014