99 Homes – Ramin Bahrani
Dennis Nash (Andrew Garfield) vive ad Orlando, insieme alla madre e al figlio. La loro condizione economica non è delle migliori, come quella di molti americani in ginocchio per la crisi, tanto che non può più permettersi di pagare il mutuo di casa. Da un giorno all'altro Dennis si trova così per strada, costretto a vivere in un motel e ad inventarsi un modo per sopravvivere e mantenere la propria famiglia. Gli viene in aiuto Rick Carver (Michael Shannon), lo stesso rappresentante delle operazioni di sfratto, che gli offre un lavoro che gli potrà fruttare molti soldi, solo a costo di mettere da parte onestà, umanità e coscienza.
C’è tutta l’America in questo film di Ramin Bahrani, sceneggiatore e regista di origini iraniane, affezionato alla Mostra del Cinema di Venezia, dove ha presentato quasi tutti i sui precedenti lavori. 99 Homes è una perfetta sintesi dell'America, dei suoi valori e della sua cinematografia, con tutti i suoi pro e contro. La storia è quella di sempre: c'è un uomo, provato dalla sofferenza, combattuto tra il bene e il male, che prova a guadagnarsi la sua medaglia di eroe per caso.
L'eroe in questo caso è Andrew Garfield, conosciuto come supereroe in Spider Man e apprezzato da critica e pubblico. Il suo volto e i suoi occhi lucidi esprimono bene la sofferenza di vedersi portare via la casa e la paura di non poter garantire un futuro ai propri cari. La sua intensa e sincera interpretazione è certamente un valore aggiunto in questo film che riesce ad emozionare, raccontando il dramma nel quale milioni di americani sono sprofondati, nell'epoca della crisi economica e finanziaria. La scena iniziale, nella quale avviene lo sfratto, in pochi drammatici minuti, è lucida, violenta, impietosa e trasferisce molto bene il carico di sofferenza a cui i protagonisti vengono sottoposti.
Perdere la casa è doloroso, umiliante, deprimente: equivale a perdere ogni certezza ed è al tempo stesso la pubblica certificazione di un fallimento. Sul marciapiede, insieme agli scatoloni raccolti in pochi minuti, c'è la cruda storia di un perdente e in America non c'è spazio per i perdenti. Lo dice Michael Shannon, ottimo co-protagonista, al tempo stesso messaggero del male e salvatore, che prima punisce Nash e poi gli offre la via per il riscatto, a patto di sacrificare la propria coscienza.
Ed è facile immaginare il finale, se questo film come sopra accennavo rappresenta bene l'America cinematografica, che non può che regalare una morale scontata, forzata e rassicurante, che mette in pace il pubblico. Si può sempre sbagliare, ma l'importante è fermarsi anche solo un attimo prima della fine. Perché filmicamente, l'integrità arriva sempre prima del successo.