Terry Gilliam
100 registi (e tantissimi film) che migliorano una vita
In un mondo di celluloide capovolto, lui sarebbe l’unico a restare in piedi. Il suo è un immaginario esondante di invenzioni, trucchi, buffonerie circensi, allucinazioni barocche, maschere felliniane. Terry Gilliam è l’eredità che i Monty Python, storica fucina di comicità anglosassone, hanno lasciato al cinema. Il suo percorso artistico comincia come anima creativa del gruppo, sul finire degli anni Sessanta. Lui, unico americano dei sei Pythons, non solo partecipa alla scrittura degli sketch ma disegna anche tutti i celeberrimi inserti animati che hanno reso il Flying Circus un oggetto di culto. Dopo le pellicole di derivazione Pythoniana arriva nel 1981 il primo grande successo di pubblico con Time Bandits, spericolata scorribanda attraverso i secoli che scomoda Napoleone, Robin Hood e Agamennone.
Del 1983 la definitiva affermazione sul grande schermo con Monty Python Il senso della vita e di soli due anni successivo quello che unanimemente è considerato il suo capolavoro: Brazil, visionario squarcio profetico su un’umanità incapace di sognare, ingabbiata dai grigi grattacieli della burocrazia. Negli anni successivi sono venute pellicole che hanno consacrato Gilliam come autore capace di momenti creativi altissimi, ispirato costantemente da una fantasia vulcanica e multiforme: Le avventure del Barone di Munchausen, La leggenda del Re Pescatore, L’esercito delle 12 scimmie, Paura e Delirio a Las Vegas. All’appello manca ancora il suo attesissimo Don Chisciotte. Speriamo, prima o poi, di scorgerne il profilo all’orizzonte.