Liliana Cavani
Nell’epoca contemporanea delle serie tv, dove protagonisti sono spesso Santi e eroi sociali del nostro Paese, l’anima curiosa e intellettuale si spinge a precorrere questo momento e rintraccia il primo film prodotto per la televisione, Francesco d’Assisi (1966), diretto da quella signora del cinema che risponde al nome di Liliana Cavani che poi, con elegante disinvoltura, è passata dalla santità al nudo, quello raffinatissimo e drammatico della Charlotte Rampling de Il portiere di notte (1974), in un ipotetico filosofico prolungamento dell’analisi del corpo e del suo patimento. Estasi ed erotismo, che nell’uno e nell’altro caso sembrano spesso inanellarsi, seppur con trame e dinamiche divergenti ma traccia di uno stesso pensiero artistico e percorso di ricerca, espresso attraverso l’immagine cinematografica.
Dopo il corpo, solo cronologicamente parlando, è il momento de La pelle (1981) da Malaparte, impressa sulla medesima di Mastroianni, Cardinale e Lancaster che con eccellenza rendono epidermica la messa in scena che la regista imprime in pellicola: ritorna la guerra, il corpo carnefice e anche il dato non raro nel cinema della signora Cavani di essere un racconto forte e delicato, tale da voler essere vietato ai minori di 14 anni.
La Cavani ha ribadito nel suo tempo artistico, come d’altronde non tradì sin dall’esordio, il suo non snobismo verso il mezzo televisivo che ha continuato, da Francesco d’Assisi ad oggi, a rispettare sullo stesso nobile profilo di quello del cinema, credendo che il mezzo popolare possa essere di altrettanta efficacia e contenuto di quello, talvolta, più elitario del cinema d’autore: al presente Liliana Cavani firma, per la sceneggiatura di Andrea Purgatori, il biopic sulla prima donna condannata alla sedia elettrica negli Stati Uniti, una donna italiana, Maria Barbella, nell’anno della nascita del cinema, 1895.