David Lynch
100 registi (e tantissimi film) che migliorano una vita
David Lynch è un po’ quel compagno di classe delle superiori; quello strano, col taglio di capelli alternativo che ha idee geniali ma alquanto contorte. Non è un animale da box office ma non è questa la sua prerogativa, poiché uomo tanto intraprendente quanto coerente. Dire che è solo un regista è comunque riduttivo, perché è anche: pittore, musicista, compositore nonché attore, montatore, produttore, sceneggiatore e scenografo; ebbene sì, ha anche progettato mobili che sono poi apparsi nei suoi film.
Dopo alcuni cortometraggi e una travagliata e tortuosa produzione, si fa notare per Eraserhead, che presto diventa un cult d’avanguardia. Lynch adora avere sotto controllo tutto: dalla produzione al montaggio e quando questo non avviene, nascono problemi come per Dune, quando non accetta come propria creatura un film di cui aveva perso le redini dopo le riprese. Fortunatamente le precedenti otto nomination all’Oscar per The Elephant Man non vengono messe in discussione e le successive ottime critiche per Velluto Blu lo candidano ad un’altra nomination come miglior regista.
Qui inizia il sodalizio musical-cinematografico con Angelo Badalamenti e si intensifica il tema della donna in pericolo, ripreso poi nel telefilm degli anni Novanta Twin Peaks. Capace di raccontare storie tremendamente semplici come Una Storia Vera e di arrivare a rompicapi surreali che spingono lo spettatore in una selva di interpretazioni contrastanti: da Strade Perdute a Mullholland Drive, ricchi di scene per nulla lineari, capaci di insediarsi nelle menti con un’apparente mancanza di significato; girate in set urbani lontani dalla confusione e immersi in un’illusoria pace che nasconde i risvolti più cupi ed enigmatici.
Inland Empire è il suo ultimo lungometraggio. Non esiste modo più semplice per comprendere Lynch e i suoi film che evitare di scervellarsi: sarà tutto molto lento, abituatevi a superare il limite della realtà oggettiva.